
L’estate sta andando via torrida, la campagna elettorale è cominciata, ancora più calda e scombinata, mentre l’inflazione è ormai al 9 percento e i prezzi delle materie prime continuano a salire. In questa situazione i politici, invece di discutere di poltrone e seggi sicuri dovrebbero discutere di economia e lavoro. Ma queste sono elezioni in cui conta soltanto salvare il “posto di lavoro” (cioè la poltrona), ma degli italiani non frega niente a nessuno, del resto, questi “lavoratori” che ora rischiano il posto li ha messi in poltrona proprio il popolo, che oggi se ne lamenta.








Bisogna fare attenzione alle conseguenze sociali di questa nuova fase di emergenza sanitaria. Quando è iniziato il lockdown a marzo eravamo fiduciosi che sarebbe durato poco, che fare sacrifici sarebbe servito a migliorare la situazione, che, in un modo o in un altro, alla fine sarebbe arrivata la ripresa. Oggi non si sa quanto durerà, non si sa se servirà, non sappiamo come ne usciremo. Dover affrontare un anno di azzeramento economico e di desertificazione sociale e umana è, per molti, una prospettiva disperante.