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Attualità
70 anni fa l’assassiniodi Carlo e Nello Rosselli di Mario Francese

Carlo_Rosselli.jpgFonte di riflessione per il socialismo europeo dopo il crollo del muro di Berlino, il pensiero di Carlo Rosselli, così come quello del fratello Nello, rappresenta ancora oggi una sintesi di rigore morale e fede nei principi di libertà e giustizia che può ispirare le giovani generazioni e il rinnovamento della nostra cultura politica in questo periodo. Il socialismo liberale di Carlo Rosselli è ormai un classico del pensiero politico europeo e tuttora un laboratorio per la cultura politica che si ispira ai valori di giustizia e libertà. Per questo oggi è necessario ripensare l’eredità del metodo e dei principi rosselliani.


Francia, 9 giugno 1937. I fratelli Carlo e Nello Rosselli, esponenti di spicco del “fuoruscitismo” antifascista italiano, stanno percorrendo in automobile un boschetto nei pressi di Bagnoles-de-l’Orne, villaggio della Bassa Normandia. D’un tratto scorgono un’auto in panne; il conducente, in cerca di soccorso, si porta al centro della strada e fa cenno loro di accostare. I due si fermano e scatta la trappola. Nel giro di pochi minuti i corpi inanimati di Carlo e Nello giaceranno sul ciglio della strada immersi in una pozza di sangue. Esecuzione vile e perfetta. Più tardi si scoprirà che i killers appartenevano ad un gruppo fascista francese denominato “La Cagoule” (“Il cappuccio”) e che il barbaro assassinio dei due fratelli era stato commissionato direttamente dal regime mussoliniano. Tuttavia la storia ufficiale della tragica fine dei fratelli Rosselli è ancor oggi reticente: secondo alcune fonti, sempre sottaciute da larga parte della Sinistra italiana, la “spiata” che consentì a Mussolini ed alla “Cagoule” di mettere le mani sui “pericolosi” ed imprendibili fratelli italiani – specie Carlo – sarebbe partita nientemeno che da agenti del Comintern (l’Internazionale comunista di osservanza stalinista) per i motivi che appresso chiariremo.
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Ma facciamo qualche passo indietro e soffermiamoci sulla vita di Carlo che, tra i due fratelli, era certamente il più “movimentista” ed intellettualmente prolifico. Torniamo, dunque, agli anni dell’Università, nella Firenze del 1921, città della quale la famiglia di Carlo Rosselli (in realtà nato “casualmente” a Roma nel 1899) era originaria: suo padre, Giuseppe Emanuele, era un ufficiale dell’esercito, compositore e musicologo, e sua madre era l’allora notissima scrittrice ed autrice teatrale Amelia Pincherle, zia paterna del futuro Alberto Moravia; entrambi i genitori erano di origine ebraica. In quell’anno, infatti, Carlo si laurea in Economia presso il glorioso Istituto “Alfieri”. Appena due anni dopo, a Siena, consegue anche la laurea in Giurisprudenza che contribuirà ad irrobustire la sua essenziale formazione di economista. L’anno accademico 1922-23 vede Rosselli impegnato alla “Bocconi” di Milano, quale assistente di quel maestro di economia e liberalismo che fu Luigi Einaudi, futuro presidente della Repubblica Italiana. Successivamente, grazie a suo fratello Nello, ricercatore universitario di Storia antica e contemporanea, apre i rapporti con lo storico socialista Gaetano Salvemini, rapporti che col tempo diventeranno fecondi e quasi filiali sebbene all’inizio si siano mostrati molto difficili per via dell’intemperanza caratteriale di Carlo. Grazie a Salvemini, che ne era l’ispiratore, Carlo entrerà a far parte della ristretta cerchia del Circolo di Cultura fiorentino, animato anche da Piero Calamandrei ed Ernesto Rossi. La matrice liberale d’ispirazione illuminista (appresa da Einaudi) e quella socialista umanitaria, libertaria e riformista (appresa da Salvemini), oltre all’apprezzamento del movimento laburista conosciuto durante i suoi viaggi di studio a Londra, costituiranno, dunque, per Carlo Rosselli la “suprema sintesi democratica” a cui avrebbe in seguito informato tutta la sua successiva formulazione politico-ideologica. All’indomani della scissione comunista (congresso di Livorno del 1921), il PSI si era portato anch’esso su posizioni massimaliste aderendo alla Terza Internazionale ispirata dal leader sovietico Lenin e così facendo aveva espulso dal suo seno il “padre fondatore” del socialismo italiano, il riformista Filippo Turati, che, ormai anziano, con la sua corrente diede vita al PSU (Partito Socialista Unitario) guidato da Giacomo Matteotti. Fu proprio in quel momento che Carlo Rosselli decise di iscriversi ad un partito, aderendo d’istinto, ma con convinzione al PSU di Turati. Intanto il fascismo aveva assunto il potere e Carlo, insieme ad altri giovani intellettuali democratici (Piero Gobetti, il citato Ernesto Rossi, Riccardo Bauer, Ferruccio Parri) vi si oppose subito con fermezza ed intransigenza fondando le riviste clandestine “Non mollare!” e “Quarto Stato” (quest’ultima in collaborazione con Pietro Nenni), entrambi scoperte e soppresse dopo pochi mesi dalla polizia fascista. Ma era il leader del PSU, Turati, ad essere particolarmente preso di mira dalle persecuzioni del regime mussoliniano; urgeva dunque la sua emigrazione all’estero. Ad organizzarla (con l’aiuto degli allora giovanissimi Sandro Pertini, Ferruccio Parri ed Italo Oxilia) fu proprio Carlo Rosselli che, con grande sprezzo del pericolo, preparò e guidò la fuga dell’anziano leader socialista da Milano verso la Francia, via mare, attraverso la Corsica. Turati riusci così ad espatriare grazie ai giovani del suo partito, ma Rosselli venne catturato dai fascisti al suo ritorno in Italia. Processato per direttissima, venne condannato, non ancora trentenne, al confino nell’isola di Lipari (dalla quale evaderà poi, nel 1929, con una avventurosa e rocambolesca fuga in motoscafo assieme a Francesco Saverio Nitti ed Emilio Lussu), ma proprio in quel luogo sperduto, in compagnia di sua moglie, l’inglese Marion Cave, Carlo Rosselli ebbe il tempo di tracciare i cardini principali della sua opera fondamentale, “Socialismo liberale”, pubblicata successivamente nel 1930 a Parigi dove infine trovò rifugio.
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In “Socialismo liberale” Carlo Rosselli definiva sostanzialmente tre princìpi: una decisa critica al determinismo marxista che nega all’uomo una funzione autonoma nella Storia; una netta impostazione pragmatica, e non messianica e finalistica, alla risoluzione dei problemi delle classi operaie e subalterne, nonché l’assoluto ripudio della teoria della “dittatura del proletariato”, postulando invece l’inserimento dell’ideale socialista nella tradizione liberale. Da qui ne discese che l’ideale di Libertà coincide sempre con l’emancipazione dell’uomo e con il rinnovamento sociale – in una parola con la Giustizia sociale – per cui bisognava promuovere, nell’ambito delle istituzioni democratiche, un vasto e profondo programma di “riforme di struttura” (tema che sarà poi caro al futuro leader socialista Riccardo Lombardi) implicante la socializzazione dei posti-chiave dell’economia (per evitare il formarsi di trust e monopoli privati), ma salvaguardando soprattutto la piccola e media proprietà, come garanzia contro l’eccesso di statalismo. Inutile dire che gli anni ‘30 si mostrarono del tutto immaturi a recepire teorie di tale straordinaria innovazione e carica anticipatrice da renderle ancor oggi di sorprendente attualità. Gli stessi liberali e socialisti dell’epoca “scomunicarono” in maniera rovente gli scritti di Rosselli (vedi le critiche di Benedetto Croce per i liberali e di Claudio Treves per i socialisti); per non parlare poi dei comunisti che addirittura videro nel “socialismo liberale” una sorta di maschera del fascismo (vedi le assurde affermazioni di condanna pronunciate a suo tempo dal leader comunista Palmiro Togliatti). Così Rosselli, deluso dall’attendismo e dal rigido schematismo della Sinistra tradizionale (ieri come oggi!), da “cristiano senza chiesa e socialista senza partito”, fondò il movimento “Giustizia e Libertà”, formazione che in seguito avrebbe ricoperto un ruolo importantissimo e decisivo nella lotta antifascista, dall’esilio fino alla Resistenza, e che avrebbe influenzato grandemente il pensiero di successive formazioni della Sinistra laica (Partito d’Azione, Movimento Federalista Europeo, Partito Radicale ed il PSI craxiano dei primi anni ‘80).
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Nel luglio del 1936 scoppiò intanto la guerra civile spagnola: un gruppo di militari reazionari, guidati dal generale Francisco Franco, ribellatisi al primo governo repubblicano eletto democraticamente, iniziò a muovere su Madrid. Al fianco dei rivoltosi “franchisti” (appoggiati dai monarchici e dal movimento di estrema destra della “Falange”) si schierarono ben presto l’Italia fascista e la Germania nazista. Erano le prove generali della seconda guerra mondiale. L’intellettuale Carlo Rosselli impugnò così le armi e con i suoi volontari di “Giustizia e Libertà” fu tra i primi in assoluto ad accorrere in difesa della giovane democrazia spagnola preferendo però legarsi, in virtù della comune fede libertaria, al fortissimo movimento anarco-sindacalista locale piuttosto che alle minoritarie formazioni comuniste sostenute, con uomini e mezzi, dalla Terza Internazionale alle dirette dipendenze dell’Urss di Stalin. Solo in seguito Rosselli e GL accetteranno di unirsi, comunque in piena autonomia, ai volontari social-comunisti delle “Brigate internazionali”. “Oggi in Spagna, domani in Italia” era lo slogan che Carlo Rosselli gridava dalla radio repubblicana di Barcellona come un Che Guevara ante-litteram. E fu proprio Rosselli uno degli eroici comandanti nella vittoriosa battaglia di Monte Pelado che segnò il primo grande successo militare degli internazionalisti sulle forze franchiste e nazi-fasciste. Ma le oggettive diversità di posizioni politiche giunsero ben presto a creare dei torbidi tra le fila dei combattenti internazionalisti. Soprattutto in Catalogna, gli anarchici ed i trotzkisti del POUM (Partido Obrero de Unificacion Marxista), insofferenti ai ripetuti tentativi di egemonizzazione autoritaria dei comunisti stalinisti, diedero vita ad una sommossa tra le stesse file repubblicane. Da questo dissidio scaturì il più assurdo bagno di sangue fratricida della storia della Sinistra mondiale (che, insieme ad altri motivi, portò poi alla definitiva sconfitta delle forze progressiste e democratiche spagnole): migliaia di anarchici e trotzkisti furono, infatti, barbaramente trucidati dai comunisti stalinisti, loro compagni di lotta contro il fascismo: una testimonianza abbastanza fedele di quei fatti è resa dal recente film “Terra di libertà” di Ken Loach. Tra le vittime anche due intimi amici di Carlo Rosselli, il trotzkista catalano Andrès Nin e l’anarchico italiano Camillo Berneri (quest’ultimo del tutto estraneo alla sommossa, ma colpevole sol perché “non-comunista”). Tuttavia Nin e Berneri, prima di morire, riuscirono a rivelare allo stesso Carlo Rosselli, affinché lo rendesse di pubblico dominio, alcune oscure trame perpetrate dai comunisti e finalizzate all’annientamento ed all’eliminazione fisica di tutti i movimenti “eretici” (cioè, non stalinisti) della Sinistra spagnola. Rosselli raggiunse così in Francia il fratello Nello giunto dall’Italia per approntare con lui le opportune forme atte a far scattare l’allarme presso tutti i democratici europei. Ma gli agenti stalinisti vennero a sapere di Rosselli e del suo segreto impegno, lo seguirono, lo individuarono e vilmente passarono la notizia a Mussolini, regalando così al “duce” una preda a lungo ambita che fu poi affidata ai boia francesi della “Cagoule”. Va ricordato che pochi anni dopo i fatti qui narrati, l’Unione Sovietica comunista e la Germania nazista sottoscrissero il cosiddetto “Patto di non aggressione Ribbentrop-Molotov” che avrebbe consolidato l’apertura (in realtà già esistente ufficiosamente da alcuni anni) di canali di comunicazione e collaborazione russo-tedeschi estesi anche all’Italia fascista in quanto alleata della stessa Germania. Insomma, per Stalin, Mussolini ed Hitler, il “socialista liberale” Rosselli era già da tempo un pericoloso nemico comune. La “spiata” rivelatrice del nascondiglio francese dei Rosselli arrivò a Mussolini (o meglio, al servizio segreto fascista dell’Ovra) attraverso la rete di comunicazione attiva tra l’Internazionale comunista (Comintern), il servizio segreto sovietico (Ceka) ed i militanti del PCd’I (Partito Comunista d’Italia) detenuti nelle carceri italiane.
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Cosa resta, dunque, oggi del pensiero di Carlo Rosselli ? Possiamo solo fare nostre le antiche parole di Norberto Bobbio: “Quelle idee che un giovane non ancora trentenne era andato a poco a poco elaborando durante le lotte contro il fascismo, rivolgendosi ad altri giovani, come lui sconfitti ma non piegati, sono tutt’altro che morte”. E noi possiamo aggiungere che se la Costituente Laica Liberale e Socialista ha un “padre nobile”, questi non è altro che Carlo Rosselli.


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