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Enciclopedia di Aversa. 2. Chiese e Conventi. 2/20) S. Maria a Piazza, Chiesa Enzo Di Grazia

E’ la chiesa monumentale più importante di Aversa, costruita dai normanni prima della stessa città, in stile gotico, con marmi ricavati da Atella e Literno. Dopo la soppressione del 1807, fu utilizzata come deposito di paglia per i cavalleggeri del vicino ex convento del Carmine. Il 2 novembre 1816, fu riaperta al culto. Recentemente è stata restaurata, e sono stati recuperati meravigliosi affreschi antichissimi.
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ULTERIORI CONTRIBUTI
“La Chiesa di S. Maria a Piazza” di Tina Falco
Indice:
– La storia
– La descrizione
– L’analisi stilistica
– Bibliografia
– La storia
La chiesa di S. Maria a Piazza è considerata, unanimamente dalle fonti, come la più antica di Aversa; con ogni probabilità venne edificata dai Normanni prima ancora che essi mettessero mano alla imponente mole del Duomo. L’antica denominazione di S. Maria de Platea è stata, dagli studiosi locali e non, variamente interpretata. Lo storico aversano Gaetano Parente fa derivare questo nome dalla vicinanza della chiesa all’antico castello, affermando che nel: “Glossaire de la moyen e de la basse latinitè”, il termine “Platea” stava ad intendere: “Arx Munita”, cioè roccia fortificata e quindi castello (cfr. G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli, 1858, vol. II p. 361). La chiesa sarebbe sorta, pertanto, in prossimità della piazza d’armi del castello, la cui ubicazione viene così, ipoteticamente, determinata. Il Parente, inoltre, fa notare che della chiesa di S. Maria a Piazza, proprio con la dicitura di S. Maria de Platea, si fa menzione anche nella pergamena n. 64 del noto Codice di S. Biagio, segnata con l’anno 1231. In essa si legge: “signum manus presbiteri Stabilis cappellani sancte Marie de Platea”. Altri studiosi, invece, citando delle pergamene conservate presso l’Archivio Capitolare, sostengono che il termine: “Platea”, in area aversana è stato più volte utilizzato per indicare la Piazza del Mercato; pertanto, il nome della chiesa sarebbe da riferire soltanto all’adiacenza di essa a tale luogo. La chiesa, nel corso dei secoli, ha subìto diversi rimaneggiamenti seguiti ad altrettante devastazioni. Nel 1349, in seguito ad un terribile terremoto che distrusse molti degli edifici aversani, la chiesa fu ristrutturata e, probabilmente il primitivo impianto a una sola navata fu modificato con l’aggiunta delle navate laterali. Dal resoconto della visita pastorale di Mons. Bernardino Morra risulta che, nel 1602, nella chiesa vi erano ben sedici altari. Fino al 700 essa si arricchì continuamente di doni e di monumenti sepolcrali che le famiglie nobili offrivano con intenti autocelebrativi, come si evince dai testi di alcune lapidi riportati dal Parente: “Sepulchrum hoc / Olim hujus Ecclesiae / commodo interceptum / Marius Ruta ac Antus, ejus nepos pro ipsis / Suisque haeredibus / Instaurari curarunt / Anno Dni. MDCCXXXIII”; “Hoc sepulchrum familiae de Bernardis / Gentilitium vetustate deformatum / Joseph Honuphrius et Emmanuel de Bernardis / Fratres
Reficiundum curaverunt / Anno Domini / MDCCXLIV”; “Nicolaus Salzanus ex Paulo et Catharina / Grisignano natus mortis memor pro se / Suisque sepulchrum hoc construere / Jussit / Anno Domini MDCCXXVI”. Agli inizi dell’800, in seguito alle leggi di soppressione, la chiesa fu trasformata in deposito di paglia della vicina caserma militare, destinazione questa che conservò fino al 1816, quando per effetto di una sovrana deliberazione del 2 novembre dello stesso anno si disponeva che: “fosse restituita al culto divino la parrocchiale chiesa di S. Maria a Piazza di Aversa, che serve di deposito di paglia: passandosi il detto magazzino nel refettorio del soppresso monistero del Carmine” (cfr. G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli, 1858, vol. II, pp. 363-364). Il 28 gennaio del 1818 la chiesa venne riaperta all’antico culto e nel 1934 ritornò parrocchia autonoma, giuridicamente riconosciuta.
– La descrizione
La chiesa di S. Maria a Piazza prospetta con la sua facciata sull’omonima via. L’asimmetria delle forme, culminante nella cupola ottagonale, determina una sfaccettatura dell’edificio, sia all’interno che all’esterno, e un arricchimento di motivi geometrici. Sulla facciata si aprono tre portali con arco ogivale che scandiscono la divisione interna delle navate e, nella parte superiore, una finestra circolare. Il portale centrale reca il simbolo dell’Agnus Dei e, culmina, in alto, con i due spioventi della copertura a capanna. I portali laterali, invece, di dimensioni diverse l’uno dall’altro, culminano: quello di destra, nel campanile a terminazione tronca, quello di sinistra, fiancheggiato da una finestra strombata, si conclude con un coronamento curvilineo.
La facciata è realizzata in tufo, mentre le pareti laterali esterne sono tinteggiate di giallo ocra.
La chiesa si divide internamente in tre navate: la navata centrale ha copertura a capriata, mentre le laterali sono coperte da volte a vela. L’interno è scarsamente illuminato da finestroni a feritoia, fortemente strombati, e dal rosone della facciata, posto in corrispondenza della navata centrale: quest’ultima è divisa dalle laterali da una serie di archi a tutto sesto impostati su ampi pilastri in tufo. La navata laterale destra inizia con una prima campata chiusa esternamente, sulla cui parete, subito a destra del portale centrale, è affrescata una Crocifissione nella quale sono effigiati da sinistra, S. Giovanni Battista, la Madonna, S. Giovanni Evangelista, un Papa benedicente, forse S. Gregorio Magno e il chierico che regge un calice e un’ampollina. Contorna l’affresco una cornice dipinta con schema decorativo di ispirazione cosmatesca. Lo spazio retrostante la parete affrescata non presenta una copertura con volta a vela, come le altre campate, bensì archi di recente realizzazione ed è occupato da immagini devozionali. Nella seconda campata di destra, sulla parete, all’interno di una cornice in stucco, trova posto un affresco raffigurante l’Adorazione dei Pastori. Il tema è quello classico: l’umiltà della gente semplice, la regalità dei Magi che trova la sua sintesi espressiva nel raccoglimento della Madonna di fronte al Bambino e nella meditazione dubbiosa di S. Giuseppe. Gaetano Parente attribuisce l’affresco a Gaspare Ferrata, un pittore fiorentino, ma non vi sono elementi che confermino quest’ipotesi. La terza campata della navata laterale destra è adibita al culto del Cristo Crocifisso, posto su un altare marmoreo, in una rientranza della parete. La quarta campata, coperta da una semicupola, è occupata da un affresco scoperto nel 1984, posto in una sorta di nicchia ad arco acuto, raffigurante una Crocifissione. Ai lati della croce, da cui pende la figura scarna del Cristo, vi è a sinistra la Madonna e a destra l’angelo che con una lancia annienta il drago. In una rientranza a mò di bugigattolo, sono affrescati sulle pareti, immagini della Natività, di Celestino V assiso in trono, intorno al quale sono rappresentate scene relative alla fondazione dell’ordine dei Celestini; di Cristo con gli Apostoli, dell’Annunciazione, di S. Michele Arcangelo, della Crocifissione. Dalla quarta campata si accede all’attuale Sacrestia. Sulla navata laterale sinistra, nella prima campata, subito dopo l’entrata principale, è murata una lastra tombale di un certo Nicola Simonello; la lastra è rettangolare, bordata da un’iscrizione che ricorda la data di morte del nobiluomo, avvenuta il 4 agosto 1450. In alto, tra una fitta decorazione di tralci e grappoli d’uva, ai lati della forma rettangolare, si notano due scudi spartiti da una fascia orizzontale, al di sopra della quale è rappresentato il simbolo degli Angioini Poi, contornato da un arco trilobato, impostato su due colonnine tortili, il ritratto a figura intera del defunto che tiene con la mano destra un cartiglio.
Sempre nella prima campata è collocato, su una piattaforma marmorea, un Fonte Battesimale.
Nella seconda campata, su un altare marmoreo, sovrastato da una decorazione in stucco, campeggia una tempera su tavola raffigurante una Madonna con Bambino. Nella terza campata si apre la porta secondaria che dà l’accesso alla chiesa da Piazza Montebello. Accanto al portale, sulla parete, in una sorta di nicchia rettangolare, vi è un affresco raffigurante una Madonna in trono con Bambino. La quarta campata, coperta da una piccola cupola, è occupata in gran parte, da un imponente altare in marmi policromi, sovrastato da tre statue devozionali.
Dalla quarta campata della navata laterale sinistra si accede ad un piccolo spazio triangolare, a sua volta comunicante con la zona retrostante l’altare maggiore. Nella chiesa, dislocati in più punti, vi sono altri affreschi o tracce di essi. Nella navata centrale, sul primo pilastro a destra figurano parti superstiti di una figura di Santo, mentre sul secondo pilastro, un affresco del XV secolo, ritenuto opera di Francesco Cicino da Caiazzo, raffigurante una Madonna con Bambino tra Papa Innocenzo III e S.F rancesco d’Assisi; la sovrasta la Trinità attorniata dagli angeli.
Nell’abside vi sono altri frammenti di affreschi attribuiti ad un artista locale, un certo Tommaso Cardillo l’uno, quello a destra, proprio accanto alla Sacrestia, raffigura S. Lorenzo, l’altro, a sinistra, S. Lucia mentre, di ignoto autore sono gli altri santi affrescati in altri punti della zona.
Una balaustra marmorea circoscrive la zona absidale, sopraelevata rispetto al piano delle navate, a cui si accede attraverso tre gradini. Lungo il bordo inferiore corre la seguente iscrizione: “DEVOTI ANIMI ERGO QUIDAM CANCELLOS HOS E MARMORE AERE PROPRIO STATUENDOS CURAVIT A.D. MDCCCXXXIII XTO. DOMINO SACRAMENTATO”. Il centro è occupato da un altare marmoreo la cui fronte è adornata da un rilievo bronzeo raffigurante l’Ultima Cena. Sulla parete di fondo, a terminazione semicircolare, è collocato un organo a canne: nella parte superiore si aprono due finestre strombate. La zona absidale è coperta da una cupola, apparentemente a pianta quadrata, impostata su archetti pensili negli angoli che trasformano l’invaso in un ottagono irregolare. La cupola è scandita lateralmente da due archi a tutto sesto e, frontalmente da due grandi archi a sesto acuto. Uno dei due archi ogivali, quello che delimita il presbiterio nella parte posteriore, si imposta su colonne tardo antiche, probabilmente di provenienza atellana. Entrambe presentano un capitello corinzio: quella di destra con foglie di acanto spinoso su un fusto scanalato, quella di sinistra con foglie di acanto grasse su un fusto liscio.
– L’analisi stilistica
La chiesa di S. Maria a Piazza ha assistito, vivendolo, al dramma aurorale della nascita e della crescita della comunità aversana. L’origine intorno all’anno mille la pongo a mò di ipotesi e cercherò di suffragarla facendo ricorso a quella scarsa documentazione di cui è possibile disporre attualmente. Parlare della costruzione della chiesa di S. Maria a Piazza, nonchè della sua esistenza storico-temporale significa toccare il cuore della città di Aversa. La chiesa, infatti, fu il nucleo primordiale intorno a cui si sviluppò la vita sociale, economica, politica e religiosa della nascente comunità cittadina. Tale comunità, aveva una sua laboriosa vitalità che svolgeva nella zona “in octabo” (1) situata “presso il XIII miliarioda Pozzuoli” (2) nei pressi della Cassinese Badia di S. Lorenzo. Questa contrada fu donata dal Duca Sergio IV (3) al condottiero normanno Rainulfo Drengot, in cambio dei suoi servigi contro i saraceni e contro Pandolfo III di Capua (4). Il Gallo così scrive: “Rainulfo ebbe quindi tutta la vasta regione chiamata Liburnia, cioè una regione che aveva per confini il mare, i lagni, i paesi dell’agro orientale fino a Pascarola e a Caivano, ed a Sud il Lago Patria e Giugliano”. Contesa fra Longobardi e Bizantini fu per lungo tempo teatro di lotte e di rappresaglie. Prima dell’avvento dei Normanni, la campagna appariva già tutta popolata dai piccoli aggruppamenti, chiamati casali e ville, come Arbustolo, Centora e Piro, che entrarono a far parte della nuova Contea. Quasi al centro della regione preesisteva all’arrivo dei Normanni un casale di “S. Paolo at Averze”, ricordato in un diploma capuano del 1022” (5). Dunque, questo casale non era certamente “un’aperta campagna disabitata e palustre, vuota di abitatori” ma “un’entroterra” (6) in cui ferveva tutta una vita sociale, politica e religiosa intorno alla “Platea di S.Maria”. In effetti era un entroterra dove potevano trovare ricettacolo sicuro esiliati o fuggiaschi sia greci che longobardi, sia gli stessi superstiti dell’incendio di Atella. L’antichità di questo borgo, quale centro di vita, è testimoniato anche da due epigrafi di epoca romana rinvenute a pochi passi dalla chiesa, in Via Cedrangolelle, ai lati di un portone di una casa privata. Ce ne dà notizia G. Corrado (7). Nella prima lapide si legge: “Ampellium – Liberta – Patrono – L. Naevo L. L. – Antioco – Speculario – Ossa heic sita sunt”. Nell’altra è scritto: ”Have – Arniae O. L. Agathae – Ossa heic sita sunt”. Come per l’origine della chiesa così per la stessa denominazione vi è discordanza tra le fonti. Il Parente non ha dubbi che “S.Maria de Platea” sia detta così perchè in prossimità del Castello (8). Anche il Vitale riporta l’origine di tale appellativo al fatto che la chiesa sorgesse antistante al vecchio castello costruito, egli dice, forse dallo stesso Rainulfo I, quando cinse di mura la città (9). Il Vetta, inoltre, sostiene che in Aversa vi fosse un antichissimo castello, della cui fondazione non si trova memoria e lo colloca alle spalle della chiesa di S.Maria a Piazza. Al contrario il Pagliuca sostiene che il castello non fosse alle spalle della chiesa, ma ubicato dove poi venne edificato il Conservatorio delle Vergini di S.Gennaro, quindi, presso il Duomo. Le ipotesi dei vari studiosi potrebbero continuare ad oltranza, certo è che l’antichità della chiesa di S. Maria a Piazza ci viene attestata anche e soprattutto dalla sua struttura. Il Parente scrive: “antichissima Chiesa di stile longobardo, con l’arco acuto, sì sfigurata dai successivi restauri ch’è una pietà a vedere” (10). Riprende: “in mancanza di primitivi documenti storici, abbiamo queste prove dell’antichità sua. Lo stile longobardo, con arco acuto, certi capitelli eleganti chissà donde portati, forse dalla vicina Atella, accanto ad altri rozzi, qual lo scalpello di quei tempi seppe fare; certe antiche dipinture; la precedenza dei suoi parrochi sopra tutti gli altri, alle pubbliche processioni; la denominazione di S.Maria de platea” (11). Per quanto riguarda lo stile, anche il Gallo lo riporta a molto tempo addietro. Egli scrive: “dell’antica sua struttura sopravvivono l’ampia abside, che abbraccia le tre navate, recante tuttora le finestre a strombo di stile romanico “ (12). Riguardo ai dipinti che attestano l’antichità della chiesa, uno è l’affresco situato sulla parete della navata sinistra nei pressi della porta secondaria, raffigurante la Madonna con Bambino in trono, ai piedi della quale vi erano, scritte in greco, le iniziali di Madre di Dio (Theotocos) e Madre di Cristo (Cristotocos).
L’altro dipinto, recentemente restaurato, è la tavola in stile bizantino, attribuita ad un pittore locale e raffigurante la Vergine bruna col Bambino del XII secolo. La chiesa di S. Maria a Piazza presenta un preponderante stile longobardo che si accorpa ad una asimmetricità planimetrica. La pianta, a croce latina, con apertura verso ovest, mostra una uniforme nudità dei suoi pilastri massicci e lineari, delle pareti e delle volte a vela delle navate laterali e rappresenta un pregevole modello di solenne semplicità, resa più evidente dalla fioca luce riflessa dalle vetrate. La navata centrale ha una copertura a capriate; il legno di cui si compone l’impalcatura è nuovo, in quanto completamente sostituito durante l’ultimo restauro. Stabilire l’impianto primitivo della chiesa non è semplice ma si può ritenere che l’originario edificio prevedesse soltanto la navata centrale caratterizzata da archi a tutto sesto a scandirne le campate e da finestroni a feritoia fortemente strombati (13). L’antica pianta comprendeva la zona centrale del presbiterio con la piccola abside e l’antica sacrestia; il campanile, mai terminato, sorgeva separato dal corpo della chiesa. Più tardi, probabilmente dopo il 1349, quando il grande sviluppo demografico impose l’allargamento della cerchia muraria e la costruzione del nuovo castello, S. Maria a Piazza fu ampliata con l’aggiunta delle navate laterali, che occuparono anche lo spazio compreso tra l’antica facciata e il campanile, che si trovò così asimmetricamente incorporato nella chiesa. A questa seconda fase, caratterizzata dallo stile gotico, appartiene la facciata principale, su cui si aprono i tre portali con arco ogivale, come gli arconi, anch’essi ogivali, che scandiscono lo spazio tra navata, presbiterio e abside, nonchè le navate laterali. Dello stesso periodo, ma costruita in forme romaniche, è la copertura esterna delle navate laterali che, seguendo l’invaso interno della struttura, ricorda le architetture amalfitane di matrice araba. Del resto poco distante, oltre l’antica porta Santa Maria, si era insediata fin dal 1140 una colonia amalfitana che intesseva intensi scambi commerciali con la città di Aversa, pur non potendo risiedere al suo interno per motivi politici. Anche gli affreschi che decorano le pareti, e che probabilmente un delicato intervento di rimozione degli intonaci rivelerebbe molto più numerosi, testimoniano, così come la struttura architettonica, il progressivo sovrapporsi di un gusto ad un altro, attraverso le epoche e gli stili.
Note:
1 – Anonimo – Per l’aversano vescovado contro la cassinese Badia di S.Lorenzo d’Aversa -Biblioteca Comunale di Aversa, p.133;
2 – Però l’autore sostiene che “e poi non deve ignorarsi, che l’espressione ad septimum, et ad octavum in rapporto ad Aversa, ed a quel Monastero Benedettino, importan lo stesso essendo tanto l’una, che l’altro, situati presso al XIII miliario da Pozzuoli”.Ibidem p.126;
3 – Il Fujano parla di Sergio IV e non Sergio V. Così scrive:”Per un’ironia del destino è proprio un napoletano, il duca Sergio IV, a concessione della contea di Aversa a Rainulfo Drengot nel 1030 “- M.Fujano- Napoli nel Medioevo (sec. XI – XIII) – Libreria Scientifica Editrice – Napoli 1972 p.11.
4 – A.Gallo – Aversa Normanna – Napoli 1938 – pp.4-5;
5 – Ibidem;
6 – Can. Vetta – Storia normanna – Manoscrito in Biblioteca Comunale Aversa – p.45;
7 – G. Corrado – Le vie romane – Aversa 1927;
8 – G. Parente -Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa – vol.II – p.361;
9 – R. Vitale -Tra campanili e cupole di Aversa – Aversa 1947 – p. 5;
10 – G. Parente – op.cit. vol.II – p. 360;
11 – Ibidem;
12 – A. Gallo – op. cit.;
13 – Itinerari aversani, a cura dell’Associazione culturale napoletana Muse e Musei, Aversa 199, p. 141;
Bibliografia:
R. Vitale, La chiesa parrocchiale di S.Maria a Piazza, Aversa 1936, pp. 1-12.
A. Cecere, Una testimonianza di cultura medioevale: la chiesa di S.Maria a Piazza, Consuetudini aversane, 1988-89, pp. 6-18L.Moscia, Chiese e Monumenti, Aversa 1990.
G. Parente, Origini e vicende ecclesiastiche della città di Aversa, Napoli 1858, vol. II, pp. 360-371.
G. Corrado, Le vie romane, Aversa 1927.
A. Gallo, Aversa Normanna, Napoli 1938.
R. Vitale, Tra campanili e cupole di Aversa, Aversa 1947.
M. Fujano, Napoli nel Medioevo (sec. XI-XIII ), Napoli 1972.
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