Sant’Agostino affermava che: “Il mondo è un libro e chi non viaggia ne conosce solo una pagina”. Assolutamente giusto, ineccepibile, eppure… A quanto mi consta nella nostra città ci sono non poche Agenzie di Viaggi e, quasi tutte, sempre affollate. A rigor di logica, quindi, i viaggiatori dovrebbero essere numerosissimi. Per la legge transitiva, pertanto, “molte pagine dovrebbero essere state lette” dagli aversani e il mondo/libro dovrebbe essere stato visitato in lungo ed in largo da un buon numero di nostri concittadini. Mah…sarà. Sembra tutto logico, ma qualcosa non mi convince.
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Se il viaggio porta alla conoscenza di nuove culture, nuove usanze, popoli e civiltà diverse, usi e costumi diversi, come mai gli aversani non ne traggono alcun insegnamento? Se è vero, come scriveva Rabindranath Tagore, che “Una vera educazione non può essere inculcata a forza dal di fuori; essa deve invece aiutare a trarre spontaneamente alla superficie i tesori di saggezza nascosti sul fondo”, possiamo pensare solo due cose: che questo “fondo” stia troppo in basso o che nelle nostre zone ci sia, per usare un eufemismo, “una leggera mancanza d’educazione”. A chi non è capitato di assistere a scene penose ed irritanti aventi come protagonisti i neo-cafoni di turno? Parafrasando Rutger Hauer in “Blade Runner” quanti aversani potrebbero affermare di non aver mai “visto cose che voi umani non potreste neanche immaginare” e senza neppure andare alle porte di Tannhauser. Quanti hanno visto mamme, nonne o zie cambiare i pannolini ai loro bebè appoggiandoli con allegra menefregaggine sul tavolo del Ristorante affollato? Quanti hanno visto lanciare con somma perizia, dal balcone dell’ottavo, del quarto, del secondo o del primo piano il sacchetto dell’immondizia, chiuso pure alla buona? Quanti hanno visto proprietari di cani, d’ogni razza e taglia, consentire ai loro animaletti, lasciati volontariamente liberi, di regalare ai passanti ricordini profumati davanti a scuole, negozi, sui marciapiedi, sulle scale di una Chiesa? Quanti hanno visto far pacchetti con il cibo avanzato alle feste, ma senza usare piatti o vassoi, no, direttamente nei tovaglioli del ristorante? Quanti hanno visto imbecilli scrivere idiozie o lasciare le loro ridicole sigle sui muri, sui monumenti o sui cartelli stradali? Quanti hanno visto chi, camminando per strada, trova assolutamente normale gettare cicche, pacchetti vuoti di sigarette e cartacce a terra? Tutti. Ma quanti hanno, con garbo, fatto notare al neo-cafone che quella strana usanza non sarebbe giustificabile neanche “ai confini della Costellazione d’Orione”? Risposta: NESSUNO! Me compreso. Le ragioni, ovviamente, sono complesse, ma con un po’ di pazienza vediamo di elencarne un buon numero. Prima ragione. Alla contestazione che, durante un banchetto, appare leggermente sconveniente ammorbare gli astanti con le pestilenze prodotte dai delicati intestini del pargoletto (una specie di LO UTTARO in miniatura) e che i bagni (o cessi che dir si voglia) sono stati inventati apposta per compiere queste sgradevoli operazioni, le reazioni sarebbero improntate, in ordine cronologico: all’incredulità, alla meraviglia, allo sconcerto, alla rabbia composta, alla rabbia scomposta, alla paccheriata generale. Seconda ragione: la vicina che rimprovera, con gentilezza e garbo degni di una Geisha, la “vaiassa” che ha lanciato il sacchetto dell’immondizia dal decimo piano direttamente sull’auto del marito parcheggiata nel cortile, nella migliore delle ipotesi può capitare, in ordine cronologico, di: vedersi appellare con frasi e parolacce degne di un Tomas Milian d’annata. Vedersi piovere addosso pomodori, zucchine, nespole e quant’altro possa essere in qualche modo contundente. Sentir suonare il campanello e una volta aperta la porta ricevere una solenne “paliata” dalla “vaiassa”, dal “vaiasso” e dai piccoli (ma non meno feroci) “vaiassini” di turno. Terza ragione: al passante che, irriconoscente per la “fortuna” capitatagli per aver pestato una m…. osi accennare una benchè minima forma di disappunto in presenza della bestia (no, non del cane del padrone!), nella migliore delle ipotesi può capitare, in stretto ordine cronologico, di: essere avvicinato e morsicato dalla bestia e dal suo pachidermico cagnone ringhiante e schiumante di odio. Essere insultato per non aver prestato attenzione a dove metteva i piedi. Essere circondato da altri proprietari di cani che – “giustamente” – rivendicano il diritto di mandar a cag… i loro animali dove vogliono. E, dulcis in fundo, correre a perdifiato inseguito da una muta di bestioni (non i proprietari, no, no, proprio i cani!). In conclusione, dove c’è maleducazione, c’è violenza. Dove c’è violenza c’è sicuramente sottocultura. Il problema di far rispettare le regole del vivere civile non si risolve con le forze dell’ordine o con le multe. Si risolve a scuola. Si risolve insegnando sin da piccoli i valori universali del vivere civile. Se è vero quello che pensava Platone, che: “L’anima non porta niente con sé nell’altro mondo tranne la propria educazione e cultura…”, in molti faranno l’ultimo viaggio senza portarsi appresso neanche una 24 ore.
Sono pienamente d’accordo con te. Da qualche anno sono fidanzato ad Aversa ed ogni volta assisto a scene simili a quelle da te descritte. La cosa che più mi lascia allibito,però, come la mia ragazza (originaria del posto e laureata, quindi di cultura elevata) prenda le difese di queste situazioni minimizzandole perchè “esistono dei posti peggiori”…e…”succede dappertutto”…Alle volte non capisco, con tutta la buona volontà di questo mondo, come si faccia a giustificare certi atteggiamenti..