Mentre l’orologio del tempo corre incessante, non pare si debbano annotare novità rilevanti nella cronica emergenza della notte campana.
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La crisi politica è intervenuta a complicare un meccanismo già vacillante, e proprio non si sentiva il bisogno di ulteriori difficoltà. Solo è stato prorogato dal Consiglio dei Ministri il Commissariamento sino alla fine dell’anno in corso. E dopo? Boh! Le popolazioni interessate rimangono fortemente avverse – per non usare termini roboanti alla Beppe Grillo – nei confronti delle decisioni del Commissario Straordinario sulle nuove discariche. Bisogna dire che alle intercessioni cospicue del veneratissimo San Gennaro si sono aggiunte quelle dell’altrettanto venerabile San Bonifacio, protettore della Germania. Vi chiederete perché? Il fatto è che ogni notte 800 tonnellate della nostra ricchezza primaria partono in treno per gli orizzonti tedeschi, dove vengono immolate in moderne e salvifiche fornaci. A seguito di ciò, ogni settimana un milioncino di euro prende il volo dai conti bancari dei nostri Enti Locali – o da quelli dello Stato, la sostanza non cambia affatto – verso le banche teutoniche. È la misera cifra di 52 milioncini annui che oggi, frastornati come siamo dall’inflazione, ci appaiono quasi niente. Per i meno giovani diciamo che si tratta di 100 miliardi abbondanti delle vecchie lirette. Per oggi. Per domani non sappiamo che succederà. Di certo non ci sono le premesse perché la cifra diminuisca. Ed è pur sempre una piccola parte – quella spedita – di quanto giace accumulato in discariche e strade (nessuna esclusa) regionali. Siamo così ricchi da poterci permettere quest’emorragia consistente che scorre ad alimentare gli stranieri vampiri. Ma è poi giusto chiamarli così? O non sono questi i nostri salvatori perché alleggeriscono in qualche misura le pene esistenti?
Al momento pare non ci sia altro da fare e la meraviglia nasce, piuttosto, dal fatto che dobbiamo mandare all’estero questa ricchezza che avrebbe potuto beneficiare qualche altra italica regione, a voler essere giustamente nazionalisti. Ma la Storia ci insegna che l’Italia – fino a meno di centocinquant’anni fa – è stata terra di stati e staterelli, dove spesso venivano a scorazzare stranieri…. “Pecunia non olet” – il denaro non puzza – ho avuto già modo di ricordare: frase attribuita all’imperatore Vespasiano che così rispondeva a chi gli rimproverava la tassa imposta sugli “aggeggi” suoi omonimi, che un tempo costellavano le città, e dunque . . . . Per trattare i rifiuti la nostra patria non sembra attrezzata.
In 15 anni, comunque, l’affare monnezza ha bruciato due miliardi di euro, e scusate se è poco.
È l’unica cosa che si è riusciti a bruciare in maniera efficiente!!!
Il problema di fondo rimane quello degli inceneritori. Purtroppo l’unico previsto nella Provincia di Napoli, quello di Acerra, si è tragicamente arenato, e meditate che il suo “pensamento” è iniziato oltre cinque anni fa!! Campa cavallo… La francese VEOLIA, uno dei giganti mondiali del settore, disertando la gara per il completamento dei lavori (ma non si poteva indire molto prima del loro blocco?) ha dichiarato: “Non sussistono le condizioni necessarie per espletare i lavori.” Anche l’italiana A2A, che gestisce tra gli altri l’inceneritore di Brescia, non si è presentata. Risultato: tutto fermo. Incredibile!!! E di nuovi inceneritori continua a non parlarsi, eppure dal dire al fare ci corre tantissimo, specie sotto i nostri cieli. Allo stato, non c’è nemmeno il dire. Nel CIP 6 – contributo dello Stato destinato alle fonti di energia rinnovabile – il trattamento dei rifiuti non era previsto, ma è di giorni fa la notizia che il governo Prodi ha varato una deroga, atta a rendere più appetibile dal punto di vista imprenditoriale la spesa per tali impianti di trattamento. Queste strutture oggi possono, dunque, accedere ai benefici economici previsti per il comparto energia rinnovabile, ed è su questa base che si riaprirà l’asta per il completamento dello stabilimento di Acerra. Speriamo che la situazione si sblocchi ed i lavori ricomincino quanto prima.
Poiché decisamente si tratta di un terreno minato, una via da percorrere per uomini di “buona volontà” – di essi è il Regno dei Cieli, non dimentichiamolo – potrebbe essere la seguente. La cosa migliore – per aumentare il coinvolgimento degli indigeni – sarebbe che lo stesso Ente Locale gestisse l’impianto, onde diminuire il numero dei passamano. In mancanza bisogna trovare dei finanziatori. Con quanto sopra detto, e con quelli che sarebbero i profitti, non dovrebbe essere difficile. Il Comune che decidesse di imbarcarsi nell’avventura, dovrebbe far eseguire un piano di fattibilità tecnica che, individuata la zona di costruzione, stilasse un piano di costi e di ricavi dell’impianto futuro, sulla base delle quantità trattate e dei prezzi di smaltimento correnti. Una volta accertati i guadagni, questi andrebbero ampiamente e chiaramente comunicati ai cittadini, informandoli dei vantaggi per le singole famiglie della gestione nel proprio territorio del detestato stabilimento. Il Sindaco e la Giunta dovrebbero – pubblicizzandolo in tutti i modi con incontri pubblici presso associazioni, comitati, consorzi, e quant’altro del posto – varare un piano di spesa pubblica dettagliato in cui andrebbero destinati tot milioni di euro all’edilizia popolare, tot al verde (unico fermo baluardo contro il degrado ambientale) comunale, tot alla riduzione dell’ICI e della TARSU per i contribuenti, e così via. Ovviamente, si parla di stanziamenti annui e non di una tantum. La ricchezza prodotta dall’esercizio va suddivisa tra i cittadini.
I singoli sarebbero allora informati dei vantaggi cospicui che a loro verrebbero dalla creazione dell’impianto, e sono certo che questi insperati benefici muterebbero l’orientamento dei più a favore della nuova istallazione. Nel panorama odierno, si tratta solo di una azienda come tante altre. È fantapolitica? Sì, se la vediamo nell’ottica tradizionale delle nostre cose pubbliche. No, se osserviamo che è quanto succede normalmente in amministrazioni ben organizzate – magari non italiane – ma nelle quali i cittadini sono puntualmente informati e resi edotti sul proprio futuro. È – credo fermamente – una delle poche strade percorribili se qualcuno vuol seriamente cominciare a sbrogliare la complicatissima matassa della monnezza nostrana. Trasparenza e pubblicizzazione! La risposta alla domanda “Che me ne viene?” sarebbe ben chiara nella mente e nella tasca di tutti gli interessati.
Certa, solida, sincera, e incontrovertibile palingenesi del rapporto cittadini – istituzioni!
Si parla molto di nuove tecnologie per gli impianti di smaltimento rifiuti e, chiaramente, la scelta della tipologia d’impianto è fondamentale nello studio preliminare di fattibilità tecnica. Vediamone qualcuna. Il processo di PIROLISI – giusta l’origine greca della parola – prevede la scissione tramite calore dei materiali ad esso sottoposti, con creazione di prodotti liquidi e/o gassosi. È una disgregazione termochimica fatta sui rifiuti, ottenendo materiali finali combustibili per la produzione di energia. Nei GASSIFICATORI il processo è analogo, solo le temperature d’esercizio molto più alte, ed il risultato finale è un combustibile in forma di gas (da qui il nome), usato sempre per la produzione d’energia. Alcuni gassificatori utilizzano la tecnologia detta “TORCIA AL PLASMA” con temperature elevatissime (sui diecimila gradi) che dà come prodotti finali solo gas combustibile ed un materiale vetroso solido (tipo lava vulcanica) utilizzabile nelle costruzioni. Questa soluzione non richiede la selezione preliminare dei rifiuti: dissolve tutto!; inconveniente è la maggiore energia necessaria per il funzionamento dell’impianto. Ogni procedimento, comunque, provoca qualche effetto secondario che, anche se minore, va sempre controllato con attenzione. Sarebbe molto stimolante – e certo non impossibile – avere in Campania un impianto all’avanguardia tecnica in Europa. Anche gli impianti tradizionali però – se ben costruiti e monitorati nell’esercizio– garantiscono sicurezza per l’ambiente circostante.
L’importante è non rimanere con le mani in mano.
Fondamentale rimane – e di importanza assolutamente prioritaria – il potenziamento della raccolta differenziata. Il Trentino sfiora il 50%, cioè – incredibilmente (per noi) – META’ della monnezza prodotta in questa regione viene avviata verso una qualche forma di riciclaggio. La media delle regioni del Nord è sul 30%, quasi un terzo del prodotto totale. La Campania – a parte diversi Comuni veramente virtuosi – in media è sull’ 11%: solo, cioè, poco più di un decimo della totalità dei rifiuti prodotti viene riciclato. Abbiamo davvero molto da fare nel campo.
L’importante è non rimanere con le mani in mano!