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Attualità
Il caso di Noa e Mira Awad. Musica e politica, un rapporto complesso Valeria Panerai

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La Israel Broadcasting authority ha stabilito che Israele sarà rappresentato all’Eurovison song contest (un popolare festival internazionale di musica) dalle artiste Noa, ebrea israeliana, e Mira Awad, araba israeliana.

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Tale scelta è stata critica per due ragioni: anzitutto ma tale questione è presto liquidata senza troppo problemi – molti (soprattutto ammiratori) si sono domandati come mai Noa abbia accettato di partecipare ad una competizione che non brilla internazionalmente per l’altezza del livello artistico.

 

La cantante ha prontamente risposto che ciò che più conta per lei e per la collega e amica Awad è far giungere il loro messaggio di pace a quanta più gente possibile, mostrando che la convivenza è l’unica chance ed è una strada percorribile, praticabile; pertanto sono ben disposte a partecipare a tale manifestazione seguita da milioni di spettatori in tutto il mondo.

 

Mi permetto di aggiungere che far conoscere musica bella, profonda e di qualità è già di per sé meritorio e molto utile di questi tempi! Ricorderete in molti la partecipazione di Noa la festival di Sanremo (altro palcoscenico che è internazionalmente noto forse più per i conduttori e le vallette che per gli artisti): con l’eccellente canzone di Carlo Fava e l’accompagnamento dei Solis string quartet Noa si è guadagnata il premio della critica.

 

Il secondo motivo per cui Noa e Mira Awad sono state tempestate di critiche è molto più complesso e di stretta attualità. Ci fossimo trovati in un altro contesto, in un altro momento e non durante la guerra di Gaza, probabilmente nessuno avrebbe avuto da ridire, anzi: avrebbero tutti applaudito questa scelta di mostrare al mondo Israele come un paese in cui la convivenza tra i due popoli -quello israeliano e quello palestinese – è realmente possibile.

 

Ma spesso, quando la politica si ritrova muta e impotente, affida all’arte il compito di risolvere le situazioni, di sciogliere i nodi, di dare il buon esempio. Ma i musicisti – Noa lo ha ripetuto più volte – non sono primi ministri, non siglano accordi di pace, non possono svolgere un compito che non compete loro. Tuttavia, in virtù del loro carisma e della loro capacità di parlare al proprio pubblico possono lanciare segnali di pace, di speranza, di fiducia affidandosi al linguaggio universale della musica, infinitamente più suggestivo e persuasivo di quello verbale. Questo è l’obiettivo che Noa e Mira Awad si sono proposte.

 

Alcuni intellettuali palestinesi e israeliani, tuttavia, hanno trovato fuori luogo questa coppia, soprattutto in un momento difficile come questo: significherebbe – secondo loro – dare un volto pulito e pacifico ad Israele dopo la contestatissima, sanguinosa recente guerra (solo per il momento cessata). Si chiede a Mira Awad di non rendersi complice del massacro perpetrato a Gaza.

 

Tra i firmatari della petizione che invitava almeno la Awad a non accettare la proposta (perché quanto al dissuadere Noa dal partecipare non c’erano speranze) troviamo Amal Murkus, una cantante e attrice, nota femminista che ha preso posizioni dure contro i fondamentalisti islamici che si sono in passato opposti alle sue performance; Mohammed Bakri, regista del contestato documentario «Jenin Jenin» sull’operazione israeliana nella città della Cisgiordania, nel 2002; Nizar Hassan, regista e professore in un’università israeliana che ha fatto recentemente parlare di sé rifiutandosi di tenere una lezione quando si era presentato uno studente con l’uniforme dell’esercito; Yael Lerer, editore ebreo israeliano che traduce letteratura araba in ebraico. Personaggi di spicco, dunque, che hanno trovato perlomeno poco opportuna questa scelta.

 

A tutto ciò si aggiunga il fatto che Noa, durante la guerra di Gaza, ha scritto una “lettera aperta ai miei fratelli Palestinesi” piuttosto dura, in effetti, ai quali così si rivolge: “Nel profondo del mio cuore so che desiderate la fine di questa bestia chiamata Hamas che vi ha terrorizzato e ucciso e che ha trasformato Gaza in un cumulo di povertà malattia e miseria. […] Posso solo desiderare per voi che Israele compia il lavoro che noi tutti sappiamo deve essere fatto e finalmente vi sbarazziate di questo cancro, di questo virus, di questo mostro chiamato fanatismo, oggi Hamas“.

 

Sono solo alcune delle parole di fuoco, certo non generate dall’odio che non traspare tra le righe (c’è piuttosto compassione), ma dalla stanchezza, dalla delusione di vedere per l’ennesima volta naufragare speranze di pace da parte di una donna che è stata spesso accusata dai suoi stessi connazionali di essere una “traditrice” proprio per le sue posizioni in relazione al conflitto che insanguina Israele e Palestina da 60 anni.

 

Questa lettera è stata così poco gradita che a Tel Aviv gli organizzatori di un concerto di beneficenza per le vittime di Gaza hanno messo in dubbio la presenza di Noa.

 

E’ stata accusata di essere cinica e ipocrita perché prima non solo non si è opposta alla guerra ma addirittura l’ha sostenuta e poi raccoglie soldi per le vittime; le è stato detto che non può lavarsi la coscienza in questo modo.

 

Alla fin fine Noa e Mira Awad (“Io sono per la vita; voglio vivere qui con tutti e in pace; non ho la pretesa di influenzare la politica; ne ho abbastanza di essere “anti”, io sono “per” “….queste le sue parole) non hanno cantato al concerto di beneficenza.

 

Noa ha peraltro scritto una nuova lettera aperta (tutti i sui interventi sono leggibili sul suo sito www.noasmusic.com) dai toni più pacati, in cui riconosce che il suo aver puntato il dito con durezza contro Hamas non ha portato a molto e forse ha solo inasprito e offeso alcuni, e non era questo il suo intento.

 

Rileggendo la storia del suo paese e dei paesi arabi si è resa conto che spesso la pace è venuta dalle persone da cui non ce lo si sarebbe aspettato (il ministro Rabin, allo scoppio della prima intifada aveva detto “spezzeremo le ossa ai dimostranti” e poi ha firmato gli accordi di Oslo e ha vinto il nobel per la pace).

 

La sua giustificazione è che quelle parole uscivano “dalle sue viscere”, dalla sua parte intima più ferita da anni di paura, instabilità e insicurezza. Il tono è decisamente più pacato: una Noa sempre decisa e appassionata, ma meno dura anche nel linguaggio.

 

In conclusione ritengo che, come spesso succede, vengano sollevati polveroni quando forse non è il caso e in contesti in cui – come in Israele – davvero non si ha bisogno di gettare benzina, ma piuttosto acqua sul fuoco.

 

Certo, da Noa forse ci si sarebbe aspettati parole di condanna più ferme chiare sull’attacco a Gaza (come per esempio sono venute da israeliani “illuminati” come lo scrittore David Grossman e il giornalista Gideon Levy) e tuttavia io credo nella buona fede di questa artista che è davvero persona viscerale, generosa, accogliente, che non si risparmia, che ha una speranza e una fiducia incrollabili in un futuro di pace, che è sempre in ricerca (date un’occhiata al suo ultimo intervento sul suo sito).

 

Magari ha sbagliato nel fare certe affermazioni e nel sostenere certe cause.

 

Può essere che la scelta di partecipare con Mira Awad all’Eurovision song contest venga strumentalizzata.

 

Probabilmente avrebbe dovuto partecipare comunque al concerto di beneficenza…

 

In Israele e in Palestina ci sono moltissime associazioni pacifiste e gruppi (con membri di entrambi i popoli) che lavorano quotidianamente per la giustizia, il dialogo, la pace: quanti le conoscono? Spesso vivono nell’ombra e pochi danno loro voce.

 

Io credo, invece, che dobbiamo dare spazio a qualsiasi occasione che promuova il dialogo e prospetti la possibilità di un futuro diverso, di pace, anche se essa magari non è esattamente come la vorremmo, non segue perfettamente i nostri canoni, non rispecchia completamente l’ideale che ciascuno di noi ha nella mente e nel cuore.

 

Dobbiamo appigliarci agli spiragli di pace!

 

Magari fra i milioni di telespettatori che vedranno e ascolteranno Noa e Mira Awad qualcuno sarà incuriosito dalla loro amicizia, si interesserà alla questione israelopalestinese, si informerà, scoprirà il bene e il male che stanno da entrambe le parti, magari si ritroverà a contestare le posizioni di Noa…se l’apparizione delle due artiste servisse anche solo a questo sarebbe certo già un bel risultato!


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