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Revolutionary Road Antonio Santi

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Sottointende, il film, la vigenza di un Sistema di Categorie e Regole, non scritte, ma universalmente accettate, volte a disciplinare, per imposizione sociale, la convivenza tra gli uomini. Esiste la Categoria Famiglia. E la Categoria “Un Buon Lavoro”. Ed, ancora, la Categoria “Una Bella Casa”, la Categoria “Una Buona Automobile” e via discorrendo.  >>> 

L’incasellamento nelle Categorie prestabilite dovrebbe garantire la sicurezza, la normalità. Diversamente si ricadrebbe nell’anormalità, situazione mal vista dalla società incapace, da sempre, di avere a che fare con tutto ciò che è diverso, anche se di poco, dalla consolidata, routinaria, conosciuta normalità. Tre famiglie vengono “seguite” nel film. Un nucleo assurge al ruolo di principale, e, precisamente, quello composto da Di Caprio (Frank) e dalla Kate Winslet (April); i restanti due – quello dei vicini di casa e quello dell’agente immobiliare con il marito leggermente sordo, genitori di un matematico con problemi mentali – assurgono al ruolo di secondari, ma s’intersecano continuamente con il principale; tutti e tre i nuclei concorrono a dare un unico significato al film. E, cioè, che dietro il rispetto delle Regole e l’incasellamento in Categorie note e consolidate si nasconde, in realtà, il vuoto. I tre nuclei familiari, oggetto di seguimento, hanno rispettato le Regole. Costituiscono Famiglia nel senso tradizionale e giuridico del termine, possiedono “una Bella Casa” ed “una Buona Automobile”, vantano “un Buon Lavoro”. Epperò tutte e tre le Famiglie altro non sono che tristi contenitori di vite parallele, solitarie, diverse tenute insieme soltanto dal collante delle Regole del Sistema che condizionano profondamente le Coscienze e, quindi, le scelte. In questo quadro di apparente soddisfazione  accade, invece, che Di Caprio tradisce la moglie con una segretaria. Che la Winslet tradisce il marito con il vicino dopo un ballo sensuale. Che la moglie del vicino esplode, ogni tanto, in pianti d’insoddisfazione subito trattenuti. Che il marito dell’agente immobiliare stacca l’apparecchio per sordi al fine di non sentire più i discorsi noiosi ed sempre uguali della moglie. La collocazione dei componenti della coppia su versanti esistenziali che il trascorrere del tempo rende sempre più opposti ed inconciliabili trova drammatica rappresentazione soprattutto nel nucleo familiare che il regista pone in primo piano, quello, cioè,  formato da Di Caprio e dalla Winslet. In questa sede, da un lato, la moglie propone di cambiare vita ed, in quest’ottica, di lasciare la cittadina di residenza per andare in Europa, a Parigi (dove il marito era andato nei panni di militare e che ricorda come un luogo eccezionale) e, dall’altro lato, lui, inizialmente attratto dalla proposta rivoluzionaria della moglie, ma che, poi, decide di restare, di non cambiare, di accontentarsi e, quindi, di essere felici in loco e con i mezzi disponibili, questi ultimi da non buttare via visto che, con un colpo di fortuna, Di Caprio, da buon marito, ha fatto carriera nella nota impresa locale in cui il padre era stato impiegato ed aveva svolto una vita lavorativa da travet. Trattasi di ottiche, quelle dei coniugi protagonisti, opposte ed inconciliabili. Lei è attratta dal nuovo, mossa dal cuore e dalla passione; lui preferisce il noto, mosso dalla ragione e dalla saggezza. In questa condizione, l’incomunicazione delle parti è definitiva ed insanabile. Il film non indica quale delle due ottiche è preferibile. Quale scelta avrebbe salvato il matrimonio. In fondo tutto sembra ineluttabile, inutile. Nuclei, pertanto, senza Speranza. Destinati ad invecchiare nell’insoddisfazione, come i vicini. O a finire nella Tragedia, come Frank e April. Il dato di fatto è, alla fine, la solitudine in cui ciascuno vive. Solitudine che la coppia non risolve, ma, anzi, aggrava. Soli fino alla morte. E anche dopo perché, in quest’Opera, Dio non esiste.


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