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Lo chiamarono “bocca di rosa” Vito Russo *

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Ho purtroppo l’età per ricordare e continuando nei miei flash back ho incontrato un personaggio particolare: è un episodio di cui nessuno ha mai parlato perché sconosciuto, svoltosi dietro le quinte, ma vero“.

Flussi di memoria. Dietro le quinte. Mi telefona il mio impresario viareggino e mi comunica, con una certa emozione, che il giorno 18 marzo 1975 dovrò suonare con la mia band a “La bussola “di Viareggio. La notizia era bella ma non mi convinceva il suo entusiasmo: avevo suonato in locali ben più impegnativi della famosa ma molto snob e spesso contestata “Bussola” di Focette, covo della “grassa” borghesia italiana. Dopo una piccola pausa, aggiunse chi sarebbe stata l’attrazione della serata: Fabrizio De André, una delle voci a me più care sia per il timbro che per i contenuti dei testi, nella sua prima uscita in pubblico; De André che aveva trattato, nelle sue canzoni ed in particolare in “Bocca di rosa”, il mestiere più antico del mondo con delicatissima poesia. A questo punto l’emozione contagiò anche me e subito chiesi chiarimenti in proposito: per F. De André, notoriamente restio alle esibizioni in pubblico che aveva rigorosamente sempre rifiutato, era necessario preparare il pubblico alla sua entrata, rendere l’atmosfera sobria e di ragionevole attesa. Diedi la mia adesione anche se con qualche perplessità. Nelle mie serate, per quanto educato al e dal “night” avevo sempre “scatenato” il pubblico in frenetiche danze di ogni genere e l’invito a preparare la sala ad un concerto, sia pure epocale, ma intimista ed “aristocratico” mi  incuriosì. >>>>

La spiegazione fu chiara quando ci incontrammo sul palco del locale per la sistemazione degli strumenti e la prova del sound per la resa fonica: Fabrizio non era solo preoccupato, aveva il panico; non era certo di potersi esibire. Io non dovevo solo preparare il pubblico… dovevo supportare lui, dargli fiducia ed incoraggiarlo ad affrontare il concerto. La sala incominciò a popolarsi alle ore sette; la stampa si era sbizzarrita nel promuovere l’evento e c’era il pubblico delle grandi occasioni, “c’era l’intellighenzia europea” (come descrisse Sergio Bernardini, titolare del locale e promotore dell’evento, in una sua intervista; vedi internet” serata De André a “La Bussola 13-marzo 1975): “La bussola”, di solito  funzionava da giugno a settembre, e solo per questa particolare serata aprì i battenti.

 

Fabrizio sentì il mio trombettista che provava nel camerino e mi chiese di entrare. Erano le otto e dovevo iniziare alle ore nove fino alle dieci e trenta.

 

Incominciò a parlare facendo delle domande, io mi dovetti allontanare per controllare la sistemazione degli strumenti sul palco: il trombettista ascoltava ed annuiva. Alle ore nove Bernardini mi chiese di iniziare, Fabrizio mi chiese di aspettare ancora un po’ e frattanto ordinò al cameriere una bottiglia di whisky con due bicchieri. Alle ore nove e trenta stavo per iniziare ma ancora una volta mi chiese di temporeggiare… Bernardini mi sollecitava, frattanto la bottiglia era a metà ed il trombettista era notoriamente quasi astemio. Premetto che il trombettista, buon musicista da me individuato in una banda di paese qualche mese prima, non solo conosceva appena la musica leggera ma ignorava chi fosse F. D’André ed ogni tanto usciva a prendere un po’ d’aria, irrespirabile  nello stanzino fra whisky e sigarette.

 

* Professore di Musica


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