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VICENDE ECCLESIASTICHE
Il percorso della Beatificazione di Giovanni Paolo II: intervista al Prof. Carlo Jovine componente della Consulta Medica Massimo Nardi

Prof. Jovine, lei ha fatto parte della Consulta Medica che, esprimendosi a favore della inspiegabilità scientifica della guarigione di Suor Normand, ha posto le premesse per il riconoscimento del miracolo. Vuole raccontarci la sua esperienza?

 L’incarico di far parte della Consulta Medica mi è stato conferito nel febbraio 2010, con una lettera a firma dell’attuale Cardinale, Sua Eminenza Angelo Amato, e di Sua Eccellenza Michele Di Ruberto, rispettivamente Prefetto e Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi. Tra i compiti della Congregazione c’è anche quello di esaminare, sotto l’aspetto teologico e scientifico, i presunti casi miracolosi attribuiti ai Servi di Dio e ai Beati. Quando si tratta di guarigioni, la Congregazione chiede delle perizie individuali ad illustri specialisti in materia e poi sottopone il presunto miracolo all’esame di un organo collegiale definito “Consulta Medica”, che deve esprimere un parere definitivo in merito alla “inspiegabilità scientifica” dell’evento. Per la beatificazione di Giovanni Paolo II è stata proposta all’esame della Consulta la presunta guarigione miracolosa di suor Marie Simon Pierre Normand dal morbo di Parkinson. Questo spiega la mia presenza nella Consulta in qualità di neurologo. >>>

Quale è stata la sua prima reazione quando ha appreso della sua nomina nella Consulta Medica?

Da un lato di comprensibile gioia per l’alto incarico ricevuto, dall’altro di consapevole ansietà per la grande responsabilità che questo comportava. Mi sono detto che dovevo sgombrare il campo da ogni suggestione collegata all’enorme fascino di un personaggio come Papa Wojtyla, per concentrarmi esclusivamente sull’oggettività scientifica del caso in esame. A partire dal voluminoso “Summarium” degli Atti processuali…

 

Che cosa emergeva dagli Atti processuali?

La prima cosa che colpiva era la grande mole di documenti, specialistici e testimoniali, raccolti dagli organi competenti della Chiesa nel corso del processo canonico. Un lavoro accuratissimo, teso alla ricerca della verità al di là di ogni ragionevole dubbio. Sono stati fatti moltissimi esami per attestare il decorso della malattia e quindi la completa guarigione di suor Normand dal morbo di Parkinson: decine di perizie mediche presentate da specialisti di livello mondiale. Potrei citare, a titolo di esempio, una lettera di grande valenza documentale e scientifica che un illustre neurologo francese inviò a suor Normand il 7 aprile 2006, nella quale confermava che, nella precedente visita da lui effettuata tre e mezzo anni prima, la religiosa risultava affetta in modo indiscutibile da una sindrome parkinsoniana lateralizzata a sinistra. In una successiva visita effettuata dopo la guarigione, il luminare aveva verificato la totale scomparsa di ogni sintomo della malattia, anche in assenza di trattamento terapeutico. Fra le prove testimoniali, potrei citare quella di una puericultrice che, essendo stata molto vicina a suor Normand negli anni della malattia, aveva potuto constatare la progressione dei sintomi: dapprima la difficoltà nello scrivere, poi nel camminare, la grande stanchezza, un braccio che tremava al punto da non poterlo più fermare, e quindi il peggioramento manifestatosi nel periodo immediatamente precedente la guarigione. Vi erano anche dei pareri divergenti fra i medici? Sì, la guarigione era stata talmente sorprendente – direi di più: sconvolgente – che non poteva non suscitare delle reazioni contrastanti. Alcuni medici opposero uno strano teorema: il Parkinson è una malattia inguaribile; dunque se la suora è guarita, non poteva trattarsi di malattia di Parkinson. Qualcun altro avanzò persino l’ipotesi che si fosse trattata di una forma di somatizzazione dipendente da un disturbo di personalità o da una malattia psichica. A ciò si aggiunga che vi era una grande pressione da parte dei media. A un certo punto si erano persino diffuse sulla stampa delle voci incontrollate che mettevano in dubbio lo stato di salute della religiosa, tanto da indurre il giudice delegato padre Luc Marie Lalanne, cancelliere dell’arcivescovado di Aix-en-Provence, a fare una smentita ufficiale precisando che suor Normand, dopo la sua guarigione avvenuta nella notte fra il 2 e il 3 giugno 2005, continuava ad essere in ottime condizioni di salute…

 

Potevano avere qualche fondamento queste ipotesi alternative?

No, sono reazioni in qualche misura comprensibili di fronte all’eccezionalità dell’evento, ma la coerenza scientifica non consente di negare un quadro clinico consolidato negli anni e avvalorato da una pluralità di testimonianze e di analisi. È più corretto dire che si è in presenza di un evento non spiegabile da un punto di vista scientifico, come, del resto, affermò uno dei medici curanti di suor Normand, ch’era stato diretto testimone dell’evolversi della malattia. Comunque sia, tutte le ipotesi, anche quelle, per così dire, più “estreme” sono state oggetto di attenta verifica. Suor Normand venne sottoposta ad una accurata serie di esami di natura psichiatrica per escludere, appunto, che eventuali disturbi psicopatologici o disturbi di personalità fossero all’origine della malattia. E questi esami non solo hanno confermato la totale sanità mentale della suora ma hanno messo in rilievo, anche con il contributo di prove testimoniali, il suo carattere forte, volitivo, che non si era mai arreso di fronte alla malattia: suor Normand aveva continuato ad impegnarsi nel lavoro fin quando le sue condizioni glielo avevano consentito.

 

A suo avviso, si trattava quindi di un Parkinson conclamato…

Prima di giungere a questa conclusione, ho considerato tutte le alternative possibili, tutte le eventuali patologie che potevano presentare sintomi analoghi, ma nessuna di questa ipotesi era rintracciabile nel quadro clinico della paziente. Mettendo inoltre in relazione, come su una griglia comparativa, i sintomi cardinali e secondari della malattia di Parkinson con quelli presenti in suor Normand, ed evidenziati in dettaglio dalle analisi cliniche e dalle osservazioni dei suoi medici curanti, si ha la conferma della totale sovrapposizione dei sintomi presenti nella suora con quelli tipici del morbo di Parkinson.

 

Quali erano i sintomi da cui era affetta suor Normand?

I sintomi principali erano il tremore, la rigidità, il rallentamento motorio con difficoltà di deambulazione. Oltre a numerosi sintomi secondari anch’essi tipici della malattia, come il dimagrimento, l’ipersudorazione, il crescente senso di affaticamento e la scrittura quasi del tutto illeggibile. Unica particolarità: l’insorgenza giovanile, che comunque è ben descritta nella letteratura scientifica. Questi sintomi sono stati confermati, oltre che da qualificate perizie specialistiche, anche da numerose testimonianze di carattere non medico: testimonianze di persone che, essendo state vicine a suor Normand, hanno potuto constatare, nel corso degli anni, il progressivo decorso della malattia. Per comprendere il livello di gravità nel periodo immediatamente precedente la guarigione, basti dire che i medici curanti avevano iniziato a valutare l’eventualità di un intervento neurochirurgico di stimolazione cerebrale. Suor Normand doveva ormai lottare per tenersi in piedi e camminare, al punto che, il 2 giugno 2005, chiese alla sua Superiora di esonerarla dall’attività lavorativa. Ma proprio allora accadde qualcosa d’imprevedibile: la sera del 2 giugno la sua scrittura era tornata normale e la mattina seguente si svegliò completamente guarita.

 

Lei, in qualità di componente della Consulta Medica, quali motivazioni ha addotto per sostenere la inspiegabilità scientifica della guarigione?

Nelle considerazioni finali della mia relazione peritale, elaborata secondo scienza e coscienza, con umana e morale certezza, ho dettagliato, da un punto di vista scientifico, tutti gli elementi che hanno motivato le mie conclusioni di carattere medico. Considerando che la malattia di Parkinson è una malattia neurodegenerativa ad evoluzione cronica, progressiva, che non regredisce spontaneamente, in base allo studio degli Atti, delle testimonianze, degli esami strumentali, delle visite cliniche, specialistiche e peritali, ho raggiunto la profonda convinzione che la guarigione di suor Marie Simon Pierre Normand dal morbo di Parkinson è un evento scientificamente inspiegabile, avvenuto in modo risolutivo, istantaneo, duraturo e totale. E questo, per la Chiesa, equivale a dire miracolo.

 

E per lei quale rapporto esiste fra la visione scientifica e l’idea di miracolo?

Penso che la visione scientifica consista in un continuo interrogarsi in senso socratico («Più so, più so di non sapere») per rispondere alle eterne domande che assillano l’uomo: chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo… cos’è la vita, cos’è la morte… mentre il miracolo è un Lampo di luce nel viaggio oscuro della vita. Ed è proprio questa la molla che, a mio parere, alimenta ogni ricerca in campo scientifico, filosofico e religioso. Mi sono sempre interrogato sui grandi temi dell’esistenza, sia perché appartengo a una famiglia di scrittori – mio padre Giuseppe è considerato il più importante poeta molisano e mio zio Francesco è stato tra i massimi romanzieri del Novecento – sia per una forma di sensibilità personale. Una sensibilità che è stata all’origine della mia scelta di vita. Vede, quella del medico è una professione particolare, non bastano la competenza e l’esperienza, occorre in primo luogo un atteggiamento di empatia nei confronti di chi soffre. Che è qualcosa di molto diverso dalla specializzazione e dalle cognizioni tecniche. Nel corso della sua vita professionale un medico è sottoposto a una duplice spinta: da un lato la partecipazione emotiva alla sofferenza, fisica e morale, del paziente; dall’altro l’oggettività scientifica che gl’impone di trattare il caso con una sorta di distacco non condizionato dall’emozione. È un equilibrio non sempre facile da raggiungere ma che risulta essenziale nello svolgimento della mia professione. Per tornare al rapporto tra l’idea di miracolo e la mia visione scientifica, voglio qui ricordare che, nonostante gli enormi progressi compiuti dalla scienza negli ultimi decenni, nessuna delle 67 guarigioni miracolose verificatesi a Lourdes nell’arco di circa un secolo, è stata smentita dalle analisi e dagli studi successivi.

 

 

Sul piano personale che cosa le ha lasciato questa esperienza?

Direi una sensazione di stupore e di profondo arricchimento; la coscienza che esiste qualcosa che ci trascende ma di cui, al tempo stesso, siamo parte integrante. Un’esperienza che, nella vita di un medico, può certamente definirsi un “unicum”; che allarga la mia visione scientifica proiettandola in una dimensione più ampia, e mi conferma che la Fede e la Scienza non sono affatto in antitesi. La Fede ha bisogno della Scienza affinché, dando un ruolo attivo all’intelligenza dell’uomo, non rischi di scadere nell’integralismo. La Scienza ha bisogno della Fede per restare umile e al servizio dell’uomo; per accettare quella parte di mistero che dà sapore alla vita e la libertà di potersi incontrare con Dio. Penso che la realizzazione di un uomo debba esprimersi a più livelli: familiare, lavorativo, relazionale nel rapporto con gli altri e nel rapporto con l’universo che ci circonda. Questi valori, se giustamente interpretati, sono capaci di dare un senso pieno e compiuto alla vita. Ci voleva l’esempio di un uomo – di un Beato – come Karol Wojtyla per ricordarci che la vita merita d’essere vissuta nel rispetto dei valori universali e in sintonia con la bellezza e la complessità del Creato. Mi tornano in mente le parole del Premio Nobel Sir John Eccles, che nel 1981 mi premiò per una mia pubblicazione scientifica. Sono parole per me illuminanti: «Nel mistero del nostro essere in quanto esistenze autocoscienti uniche, noi possiamo trovare i motivi di una speranza, dal momento che poniamo la nostra personale esperienza, delicata, sensibile e fugace, contro la terrificante immensità di uno spazio e di un tempo illimitati. Non siamo noi partecipi di ciò che ha un significato, dove altrimenti non vi sarebbe alcun significato? Non proviamo delle emozioni dilettandoci dell’amicizia, della gioia, dell’armonia, della verità, dell’amore e della bellezza, dove altro non vi sarebbe se non l’universo enigmatico?».


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