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Guida turistica breve di Aversa

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Progetto “Aversa Diversa: 1° Cultura, 2° Turismo”

Progetto Aversa Diversa
 

Letteratura | Pittura | Fotografia | Musica | Cinema | Teatro
“Morsura Mediterranea”, speciale | Note sull’incisione Enzo di Grazia

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Il flusso della storia produce
sempre, inevitabilmente, trasformazioni più o meno profonde nella realtà
sociale e in quella politica; ma, più ancora, obbliga la cultura a continue
revisioni per testimoniare, in ogni momento, il contesto storico. Quando si
osservano le età cosiddette “di transizione”, la velocità di trasformazione è
sempre alta, tale da non consentire un adeguamento armonico in tutti gli
ambiti. La fine di un secolo, per sua stessa configurazione, è certamente un
periodo di modificazioni addirittura radicali; quando, poi, una generazione
(come è avvenuto per la nostra) si trova a vivere una fine di secolo che
coincide anche con la fine del millennio, tutti i registri saltano e gli
aggiornamenti sono quotidiani. >>>continua>>>


Nelle arti visive, il secolo XX ha segnato passaggi e trasformazioni
quasi innumerevoli, senza dubbio maggiori dei mutamenti politici che pure sono
stati enormi e che molte volte hanno costretto a riscrivere non solo la storia,
ma anche la geografia. Il punto di maggior convergenza delle problematiche è stato
senza dubbio il rapporto tra industria e società: nell’era delle macchine,
l’evoluzione della tecnologia ha raggiunto una velocità imprevista e tutti gli
aspetti della vita ne sono stati fortemente condizionati. In molti casi, poi,
il gap tecnologico tra Paesi diversi è stato elemento determinante specialmente
quando i cambiamenti storici e politici hanno posto a contatto diretto Civiltà
di storie antiche, ma lontane e diverse. Nella Storia dell’Arte, il processo di
adeguamento dell’estro creativo alle novità tecnologiche è stato sempre
presente; ma nella società contemporanea la pressione della tecnologia sulla
creatività ha lasciato tracce molto evidenti, sin dagli inizi del Novecento. In
particolare, nell’attività culturale c’è sempre un’area che ha bisogno del
supporto tecnologico ed è quella in cui i processi storici hanno portato i
mutamenti maggiori; nelle arti visive, non c’è dubbio che quest’area
corrisponde a quella della produzione moltiplicata che più di tutte le forme di
espressione si serve degli strumenti tecnici e che quindi dagli sviluppi
dell’industria viene marcatamente condizionata. Nei Paesi a più alto tasso di
sviluppo industriale, il rapido processo di adeguamento degli strumenti di
lavoro ha spostato, nel corso del XX secolo, l’attività incisoria dal piano
della meticolosa elaborazione manualistica – addirittura di gusto artigianale –
a quello di una produzione tesa alla massima produzione nel tempo più breve: i
procedimenti fotografici hanno progressivamente reso obsoleti i meccanismi di
lavorazione manuale; i mezzi di stampa rapida e pulita hanno consentito
tirature sempre più alte quasi senza incidere sulle matrici. Contemporaneamente,
un diffuso desiderio di collezionismo ha diretto l’interesse di settori sempre
più vasti del mercato dell’arte verso l’opera d’autore a basso costo ed ha
accentuato la spinta a cercare soluzioni al tempo stesso di quantità e qualità,
anche se per la maggior parte dei casi il livello qualitativo era solo
apparentemente pari a quello della produzione accurata e appassionata dei
procedimenti manuali. Una struttura per certi versi “in controtendenza” è
l’officina di incisioni “Il Laboratorio” di Nola (diretto da Vittorio Avella e
da Antonio Sgambati) che da sempre si dedica alla realizzazione di opere
moltiplicate con amore quasi viscerale e con pazienza certosina coinvolgendo
direttamente nel lavoro artisti, poeti, scrittori per realizzare
un’affascinante molteplicità di stampe originali e di libri d’artista. Libertà
innovativa e rispetto dei canoni è da sempre il dato connotativo del
Laboratorio, la cui produzione riflette il carattere della collaborazione tra
artista e incisore. Ospitati fraternamente e spesso guidati da Vittorio Avella
con precisione e perizia nei misteri della varietà delle tecniche artisti come
Meret, Oppenheim, Mario Persico, Fabrizio Clerici, Mimmo Paladino, Ernesto
Tatafiore, Angelo Casciello, Adriana De Manes vi hanno inciso e stampato
grafiche e libri d’artista restituendo alla grafica qualità spesso perdute. In
questo procedimento di attenta cura ai particolari, inevitabilmente anche la
scelta delle carte assume un valore fondamentale: quelle italiane (prodotte a
Fabriano o fabbricate a mano nei tini amalfitani di Fresco di Pucara e di
Amatruda), quelle franco-provenzali dei mulini di Ricard de Bas, insieme alle
Sicars, alle Arches, alle Zerkall, alle Hahnemuhle risultano carte
assolutamente inadatte alla stampa meccanica, ma sono ideali per la stampa con
“antichi” torchi a stella, apprezzate per la tattile ruvidezza o per l’estrema
sensibilità. In qualche modo, si può dire che il lavoro del Laboratorio ha
cercato di sottrarre la stampa calcografica e serigrafica alla realtà della
mercificazione e praticare la confezione del libro d’artista in tutte le sue
possibili estensioni nella ricerca di qualità. I tempi sembrano dare ragione ad
Avella, considerato che la svolta secolare – e millenaria – ha segnato un
nuovo, forse prevedibile, cambio di direzione: gli stessi autori e laboratori
di incisione che avevano partecipato alla “rincorsa alle novità della
tecnologia” sembrano riscoprire adesso il piacere quasi sensuale della
manualità dell’attività incisoria, riprendendo i meccanismi delle loro
strutture originali, fino a recuperare addirittura i materiali naturali che da
sempre erano serviti a produrre opere moltiplicate, come la pietra e il legno.
La riflessione che la mostra propone non è la prima tentata: da Valladolid si
avviò già nel 1994 la prima mostra itinerante “La grafica nella nuova Europa”
che toccò quattro Stati (Spagna, Italia, Slovenia e Croazia); da Parenzo partì
nel 2001 la rassegna “Torchi” con un itinerario e dei caratteri abbastanza
simili; un’altra ampia rassegna fu aperta a Salamanca e molte altre occasioni
si sono registrate nel corso di questi anni. In ogni occasione l’attività del
“Laboratorio” è risultata centrale alla riflessione, per la grande coerenza
stilistica del lavoro svolto e l’importanza dei materiali prodotti. Questa
mostra che tenta un breve compendio del meglio di quest’attività non è però una
ripetizione: il dibattito sull’incisione resta sempre troppo urgente, ampio e
motivato per pensare che una mostra, per quanto valida, possa esaurire i temi.
“Repetita iuvant” recita un detto comune latino; anche nel nostro caso la
ripetizione è soltanto una nuova riflessione che si aggiunge alle molte che si
realizzano su questo tema e che non saranno mai né troppe e neppure sufficienti
a fare chiarezza in un mondo difficile e delicato, nel quale la Storia
dell’Arte potrebbe rischiare di perdersi dietro le chimere del marketing e la
Cultura Visiva può ritrovare, invece, uno dei momenti di maggior impegno,
quello dell’attività artistica come manifestazione di umanesimo.


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