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“Un caso di …mmerda” di Gabriele Ottaiano e Francesco Orabona Antonio Ranalli

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Non ho mai scritto una recensione, e per di più forse, neppure mai letta. Ma quando Antonio Santi mi ha chiesto la cortesia di farlo,  non mi sono sentito di tirarmi indietro, e senza vergogna, scrivo queste righe, nella speranza che non vengano pubblicate.

Il ricordo più lontano nel tempo che ho di Francesco, risale ai tempi della infanzia, quando dal paese nel quale abitavo, ero costretto a suon di minacce, a seguire mia madre,  in gita ad Aversa, dove vivevano i suoi fratelli. Le nostre madri erano sorelle; Macrina la Sua , Maria la mia. >>>>>>>>>>

Francesco, viveva
qui dietro, a pochi passi da Palazzo Parente, in un bellissimo palazzo. Ai
tempi, uno dei pochi ben tenuti della zona. Una lunga vetrata portava alla
cucina. Francesco e Bruno (il fratello) erano seduti sul tavolo, con le gambe a
penzoloni che scalciavano. Il padre, li imboccava  di una qualche sostanza misteriosa. Forse una
medicina. In seguito, li rivedevo qualche volta a Natale, o in qualche altra
ricorrenza.Di quelle dove bisognava andava vestiti per bene, in giacca e
cravatta per intendersi, anche se avevamo solo cinque o sei anni. Per di più,
in questi posti, non bastava salutare, ma bisognava pure baciare la mano alle
signore. Più tardi lo seguivo più da lontano, attraverso i racconti di mia
madre, specie durante la preparazione al concorso notarile. “Il cugino, è più
bravo nella parte legislativa, lui di più nella parte societaria” mi diceva
Lei. Più recentemente,  ci siamo
incontrati più spesso, per vi delle occasioni tristi e liete della vita.

Quando è stato
possibile, ho goduto di una simpaticissima persona, incline alla battuta,
attento e pungente. Non conosco il Suo socio, Gabriele Ottaviano, per questo
non ne parlo.

Vivendo oramai
lontano da Aversa , da tanto tempo, la ricordo con piacevole nostalgia. Ricordo
la luce del mattino nelle stanze arieggiate, i profumi dei giordini, le grida,
i rumori delle ruote di ferro sui basoli, le situazioni a volte grottesche
della vita di tutti i giorni, e gli incontri che il libro mi ha fatto rivivere.

Proprio come i
personaggi del libro, che seppur aggiornati rispetto a quelli dei miei ricordi,
mi hanno riportato alla memoria le persone conosciute per caso, in un qualche
ufficio comunale o dell’Amministrazione. Persone sconosciute, che non avrei mai
più rivisto in seguito, ma con le quali dopo qualche minuto  si condividevano e commentavano i problemi
della fila, del fatto del giorno, del Personale assente, o del tutto
affaccendato in altre cose. Scusate, tenetemi il posto, salgo un attimo a
spegnere il gas, mi disse una volta una signora al banco Lotto del Seggio. 

Il libro mi ha
fatto rivivere il ricordo del Capo dei Vigili Urbani, con il quale ero
diventato amico, e che mi toglieva le multe. Dei ragazzini che uscivano dai bar
di corsa, per portare i caffè caldi con i vassoi.

Non entrerò nello
svolgere degli accadimenti narrati, anche perché non me li ricordo, ma
consiglio il libro a tutti quelli che desiderano di informarsi di come si vive
al Sud. Per evitare.


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