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San Gennaro va alla guerra Salvatore de Chiara

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Continuano ad essere infuocate le polemiche dopo la decisione del Ministro degli Interni Alfano di interrompere una plurisecolare tradizione e consentire alla Diocesi di Napoli di nominare parte dei membri della Deputazione del Tesoro di San Gennaro. Un affronto intollerabile per molti napoletani, che sentono di essere “scippati” del loro patrono, il cui culto è affidato, caso praticamente unico, ad una organizzazione interamente laica. La questione è soprattutto simbolica ma ha anche una enorme valenza economica, poiché la Cappella del Tesoro conserva una patrimonio inestimabile di ori, gemme e preziosi, forse davvero il più favoloso tesoro esistente al mondo, come sostiene qualcuno, oltre ad immobili e altri beni di varia natura. 


La Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro esiste dal 1601, per voto del popolo napoletano deciso ad onorare degnamente il proprio santo patrono. Il suo compito è quello di sovraintendere alla costruzione ed alla conservazione della cappella del Santo, amministrare i beni e i doni offerti, custodire le reliquie e mantenere il culto di San Gennaro. E’ una particolare istituzione preposta all’amministrazione del culto oltre che gestione di immobili e beni materiali, riconosciuta con Bolla di Fondazione di Papa Paolo V nel 1605 che, ponendo la Deputazione sotto la diretta autorità pontificia, riconobbe il diritto di patronato della città di Napoli sulla cappella e il diritto di nomina dei canonici, derivanti da fondazione laicale e non discendente dal diritto canonico. La composizione della Deputazione è stata determinata, sin dalle origini, in base alla composizione dei sedili cittadini: 5 seggi nobiliari ed il seggio del popolo, i quali si impegnarono a versare una annuale dotazione economica per il funzionamento della cappella. I tentativi di intromissione della Curia Diocesana di Napoli furono molteplici nei secoli, ancora nel 1635 Papa Urbano VIII ribadì con una propria bolla l’indipendenza della cappella e della deputazione dall’Ordinario Diocesano, attribuendole anche il diritto di nomina dei chierici e ponendola sotto l’autorità del Nunzio Apostolico presso la corte di Napoli. L’abolizione dei sedili nel 1800 provocò anche una temporanea soppressione della deputazione, le cui funzioni furono assegnate ad un Tribunale Conservatore, nel 1806 Ferdinando I ricostituì la Reale Deputazione assumendone direttamente la presidenza e fissando a 7 il numero di componenti, tutti aristocratici di nomina regia, restituendo loro le prerogative di gestione della cappella ed amministrazione laica del culto. Durante il decennio napoleonico le funzioni ed attribuzioni della Deputazione rimasero invariate, Gioacchino Murat nel 1811 stabilì che la presidenza della Real Deputazione fosse assegnata al sindaco di Napoli, una tradizione che continua ancora oggi, affinché il Santo sia pienamente dei napoletani. 

Con la restaurazione borbonica i deputati furono portati a 12, nel 1852, e rimasero tutti di nomina regia e di estrazione aristocratica. La laicità dell’ente fu confermata anche dopo l’Unità d’Italia, lo stesso Garibaldi, ben lungi da accampare mire sulla Cappella e sul Tesoro, stabilì l’esenzione per la Deputazione dall’applicazione delle norme eversive sui benefici e sulle cappellanie laicali, alla Deputazione fu riconosciuto la status di “Institutione sui generis” con diritto di juspatronato laico. Nello stesso 1861 fu determinata la composizione definitiva della Deputazione: presidenza affidata al sindaco della città di Napoli, affiancato da 12 deputati, eletti in numero di due in rappresentanza di ciascuno degli antichi seggi cittadini, 10 nobili e 2 borghesi. Le prerogative patrimoniali di San Gennaro rimasero indenni anche alla soppressione degli enti ecclesiastici ed all’incameramento statale dei beni delle congregazioni nella seconda metà dell’800. Nell’agosto 1927, Papa Pio XI, con la bolla Napolitanae Civitatis sancì definitivamente il diritto di patronato della Città di Napoli sulla cappella, l’amministrazione dei beni della stessa, l’elezione dei cappellani e l’amministrazione del culto divino. Nel 1946, con l’avvento della Repubblica, la Deputazione ha saputo ancora una volta rinnovarsi per garantire i diritti del popolo napoletano sul suo Patrono, fino ad oggi infatti le nomine dei deputati avvenivano con decreto del Presidente della Repubblica sulla base di liste di candidati presentate dalla Deputazione medesima, nella compilazione delle quali ci si attiene all’antica divisione dei Seggi napoletani, con la presidenza affidata al Sindaco pro tempore. 

Nelle scorse settimane il Ministro Alfano, probabilmente per ingraziarsi le gerarchie della curia napoletana, è intervenuto improvvidamente sul funzionamento della Deputazione equiparandola per decreto ad una Fabbriceria, cioè un ente avente esclusiva finalità di costruzione, gestione e manutenzione degli immobili, di cui un terzo dei membri è nominato dal Vescovo del luogo. In tal modo si legano le vicende della Cappella di San Gennaro e del suo favoloso tesoro all’autorità della Diocesi di Napoli, sottraendole al popolo napoletano ed al tradizionale carattere di laicità del culto del Santo. Alfano, evidentemente a digiuno di antichi privilegi ecclesiastici e della conoscenza di Napoli, è entrato a gamba tesa in una vicenda che dovrebbe essergli aliena, provocando le sacrosante ire dei napoletani. La polemica sta toccando la città trasversalmente, antichi nobili e nuovi plebei, neo ricchi e vecchi lazzari, toccando la politica, le associazioni, i movimenti, in un sussulto di tradizione e di comunità.

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